Il magnifico duo ci racconta in esclusiva come è nato Trinità, quale è il segreto del loro successo e tanto, tanto altro ancora…
Quasi quarant’anni di carriera insieme, una serie impressionante di film di successo e di incassi da capogiro, in coppia e anche da soli. Impossibile non ricordare il poliziotto napoletano dal cuore d’oro Piedone, creato da Steno su misura per Bud Spencer, oppure le incursioni americane di Terence Hill come Mister Miliardo e Poliziotto Superpiù, fino al grande successo televisivo di Don Matteo.
Segno che l’affetto nei confronti di queste due icone è rimasto immutato nel corso degli anni, ma merito anche di una professionalità davvero rara al giorno d’oggi e di una formula che non ha mai smesso di funzionare.
La vostra collaborazione inizia nel 1967 con Dio perdona, io no. Come avete fatto a mantenere vivo nel pubblico il desiderio di vedere i vostri film?
Terence: Ci siamo centellinati, abbiamo fatto un film insieme all’anno, nonostante distributore e produttore volessero che ne girassimo anche due o tre. Ma noi ce lo siamo detto subito: se vogliamo durare, non possiamo bruciarci.
Bud: E quando non lavoravamo insieme… facevamo i film per cavoli nostri.
Ma prima avete lavorato anche ad un altro film: Annibale...
Bud: Mah, questa storia di Annibale noi non la sapevamo, non ci conoscevamo nemmeno. Abbiamo girato separatamente le scene, non ci siamo mai incontrati sul set.
Il grande successo comunque è arrivato con i due Trinità...
Bud: No, i soldi li aveva fatti anche Dio perdona, io no.
Terence: In effetti questa è una cosa che non è mai stata presa in grossa considerazione. Noi siamo arrivati un po’ tardi nel western. Io ne avevo girati un po’ in Germania e vedevo che nel 1964, quando Leone girò Per un pugno di dollari, io avevo già perso il treno. Quando ci trovammo sul set di Dio perdona, io no, il genere in Italia aveva già stancato e il successo di quel film, che era comunque molto particolare, ci sorprese. Ma erano film fatti bene, diretti da registi bravi che giravano in velocità e con pochi soldi, e che vendevano molto bene all’estero. Il western in Italia era finito all’inizio degli anni Settanta e proprio allora arrivò Trinità. Ma anche in questo caso non possiamo prenderci il merito, non avevamo mica detto “Questo film lo facciamo più comico per superare questo momento di crisi”. Se abbiamo un merito è quello di avere apprezzato il copione e di avere chiesto di ampliare la parte di Bambino per potere lavorare ancora di più insieme.
Com’è avvenuto il passaggio dal western al vostro cinema successivo?
Terence: Dal desiderio di non ripetersi e oggi come oggi diciamo pure che è stato un peccato, perché Enzo Barboni, il regista di Trinità, aveva pensato a un titolo bellissimo: …e insistevano a chiamarlo Trinità. Ma all’epoca non c’era stato Stallone che aveva fatto 6 Rocky, quindi 2 sequel sembravano troppi. Cercammo allora un’ambientazione diversa e ce ne andammo in Colombia nei panni di due piloti a girare Più forte ragazzi.
I vostri nomi d’arte: come sono nati?
Terence: Il mio l’ho scelto da un elenco. Avevo solo poche ore per trovarmi un nome d’arte che suonasse americano. Mi hanno dato questa lista di nomi che suonavano bene. Ho studiato lettere antiche, amo Terenzio, quindi…
Bud: Nessuna lista per me! Avevo una bottiglia di Bud proprio davanti agli occhi, la mia birra preferita, è stata una cosa automatica. Poi Spencer Tracy è sempre stato il mio attore preferito, quindi è stato facile.
Un tempo accadeva spesso che gli attori italiani venissero doppiati...
Bud: All’inizio sì, venivamo doppiati, ma c’è una cosa importantissima da considerare, ovvero che tutti i nostri film venivano girati in inglese, perché già in fase di produzione erano venduti all’estero. Era buffo che nel resto del mondo tutti conoscevano le nostre vere voci ed in Italia no.
Terence: Poi in quegli anni non ci si poneva neanche il problema: si faceva e basta. E noi abbiamo avuto la fortuna di avere due doppiatori eccellenti, Pino Locchi per me e Glauco Onorato per Bud. È un po’ come successe per Clint Eastwood nei film di Sergio Leone: la voce di Eastwood era completamente diversa da quella di Enrico Maria Salerno che però era uno dei migliori attori italiani, quindi il peso dell’interpretazione era decisamente diverso in questo modo.
I vostri film sono sempre stati un’alchimia perfetta, dalla collaborazione con Enzo Barboni alle musiche dei fratelli De Angelis, alle storie sempre divertenti. Come riuscivate a creare ogni anno un successo?
Bud: Nessuno lo sapeva, nemmeno gli sceneggiatori. Era tutto un automatismo perfetto. Abbiamo visto cose inaudite in tutta Europa; in Svezia, nonostante i sottotitoli, portavano via gli spettatori dal cinema con l’ambulanza per quanto ridevano!
E poi voi siete ancora dei campioni d’incassi
Bud: Siamo meglio di Via col Vento! Variety ha fatto un calcolo degli incassi considerando il tasso d’inflazione e siamo ancora i migliori.
Guardando i vostri film si notano molti volti ricorrenti
Bud: Chi lavora nel cinema non ha certezze. Con noi era diverso perché avevamo successo e avevamo un po’ più di libertà nelle scelte, sebbene i produttori non volessero perché preferivano scegliere loro le maestranze. Noi abbiamo lavorato sempre con la stessa troupe di 12 stuntmen, gli stessi elettricisti, i macchinisti, i tecnici. Erano bravi, magari chiedevano un po’ di più, ma per noi era automatico chiamarli, perché altrimenti i film non sarebbero venuti fuori. Noi per esempio ci fidavamo ciecamente del nostro maestro d’armi, quello che oggi si chiama stunt coordinator.
Terence: Giorgio Ubaldi. Era il migliore. Bud: E poi i cavalli: questo qui è fissato coi cavalli, prendeva sempre i migliori!
Poi a un certo punto avete iniziato anche a prendere le vostre strade, con la serie di Piedone per Bud e la carriera americana per Terence...
Bud: Ma non c’è stata divisione: quando non lavoravamo insieme facevamo altre cose. Un film dura tre mesi.
Terence: E quando non lavoravamo insieme dovevamo lavorare per forza su altre cose. La divisione c’è stata quando abbiamo capito che era finito il nostro tempo.
Ma un progetto nel cassetto magari lo avete ancora...
Bud: Noi abbiamo sempre pensato di tornare insieme, ma si dice e finisce lì, perché dobbiamo considerare tanti fattori, dalla storia alle nostre condizioni fisiche e soprattutto a quello che il mercato richiede.
Terence: Oggi i tempi sono cambiati.
Bud: E poi i progetti non esistono. Io già da adulto mi sono iscritto a Chimica, Giurisprudenza e Sociologia, l’ultima per spronare mia figlia allo studio. Ragazzi, non fate mai programmi nella vita!
Per un certo periodo era circolata la voce che vi si potesse vedere in un Don Chisciotte diretti da Ermanno Olmi...
Bud: Sì, ma non avevano considerato che su Don Chisciotte non si può fare una satira, mentre noi dovevamo far ridere. Terence non ha neanche mai visto il copione, perché quando si arrivava al punto in cui i due protagonisti incontrano il mago Merlino che li catapultava nel 2000, allora la cosa non funzionava più. Dobbiamo ricordarci che il Cervantes e la sua opera possono essere paragonati a Dante per grandezza e francamente non era il caso di fare una cosa del genere.
Avete mai pensato che fare cinema a questi livelli dia l’immortalità...
Terence: No, non ci credo… Non ci ho mai pensato.
Eppure qua fuori c’era un nugolo di ragazzini dagli otto anni in su che faceva la fila per un vostro autografo e quando passa un vostro film in televisione fa ancora numeri da fare invidia alle partite di calcio...
Bud: Abbiamo fatto ridere cinque generazioni con i nostri film.
Ci deve essere un segreto
Bud: Non c’è nessuno come noi due. Attenzione: noi abbiamo avuto successo anche da soli, ma insieme siamo imbattibili, gli spettatori conoscono i film a memoria!
Il vostro cinema è slapstick all’italiana, forse solo Jackie Chan al giorno d’oggi fa lo slapstick
Bud: Sì, ma nei film di Jackie Chan c’è una buona dose di violenza, mentre nei nostri non c’era. Noi facevamo semplicemente ridere.
Terence: Il nostro slapstick ha una connotazione credibile. Barboni raccontava sempre una barzelletta a proposito di un romano al cinema, a guardare un western in cui l’eroe in un secondo ammazzava sei persone e tutta la platea si lamentava, tranne questo spettatore che commentava: “Se po fa’, se po fa’…”. L’abbiamo sempre tenuta a mente. Bud sollevava davvero quattro uomini che gli saltavano addosso! Io non sono mai stato un granché a fare i salti mortali e allora facevo un’altra figura, ma la facevo davvero io e questo rendeva tutto molto credibile. Credo che quella fosse la marcia in più, così come il fatto che non abbiamo mai avuto controfigure.
I vostri combattimenti erano delle coreografie vere e proprie basate sulla tempistica, preparate alla perfezione per far sì che nessuno si facesse male
Terence: Quando abbiamo fatto il primo Trinità eravamo tutti entusiasti di Sette spose per sette fratelli e cronometrammo la scazzottata del film, decidendo che dovevamo farne una lunga quanto quella. Ci mettemmo circa dieci giorni, con Ubaldi che scandiva il ritmo per ogni colpo che tiravamo, per ogni schivata o per ogni caduta.
Bud: E poi c’era una componente di fortuna. Noi siamo partiti con un protagonista, Terence, bello, con gli occhi celesti, perché i protagonisti erano i belli, come Giuliano Gemma e Franco Nero. Poi sono arrivato io: brutto, grosso, buono e un po’ meno intelligente di lui, subivo delle cose in cui la gente si identificava. Chi è che non avrebbe voglia di dare una lezione al capoufficio? Guardando me pensava di poterlo fare.
Bud, tu hai sempre avuto una grande passione per il ballo e hai scritto molte canzoni, anche per i vostri film
Bud: Ho scritto canzoni per anni, anche per Nico Fidenco e Ornella Vanoni, senza conoscere la musica. Mi mettevo lì, col dito sul pianoforte e poi chiedevo a qualcuno di scrivere quello che componevo a orecchio. Canto e non ho mai fatto una scuola, non so neanche cosa sia il diaframma; in Charleston ho ballato, in un altro film ho suonato il sax. Addirittura a 45 anni ho preso il brevetto da pilota e fatto la trasvolata atlantica dagli Stati Uniti all’Irlanda. È l’anima del dilettante che ho sempre avuto e che mi ha portato a fare delle cose che, non so come mai, mi sono riuscite. Solo due cose non ho mai fatto nella vita: il ballerino d’opera e il fantino.
Voi eravate due personaggi contrapposti, ma complementari: Bud quello tranquillo che vuole stare fuori dai guai e Terence quello che invece i guai se li va a cercare. Anche quella è una maniera per far sì che il pubblico si identifichi
Bud: Sì, vero: lui doveva fare sempre i casini, aizzare tutti e usare me come parafulmine. Ma è sempre anche questione di fortuna, perché se nel momento in cui siamo usciti fuori ci fosse stato qualcun altro capace di fare quello in cui noi eravamo bravi, magari non sarebbe stata la stessa cosa. O magari c’era, ma non era bravo quanto noi e finché nessuno ci batteva... Io sono stato campione italiano di nuoto per 10 anni di seguito, perché per dieci anni non c’è stato nessuno che mi ha battuto. Non c’è alcuna differenza.
Dopo 40 anni che vi conoscete, definitevi a vicenda.
Terence: Semplice: è grande, in tutti i sensi.
Bud: Di difetti ne ha pochissimi, nonostante sia un attore. Il pregio maggiore è la sua tenacia, derivante probabilmente dalla mamma tedesca. E poi i suoi valori, che sono la cosa più importante.
Fonte: FX